Partendo dal presupposto, come ci insegna Gernot Bhome, che “il lavoro estetico consiste nel dare forma a oggetti, spazi e strutture avendo di mira il coinvolgimento affettivo del quale i soggetti possono così fare esperienza”, preoccuparsi dello stupore è tutto il contrario che preoccuparsi della spiegazione. Il rapporto con l’oggetto deve avvenire attraverso un incontro caldo e emozionale da cui partire per costruire qualsiasi forma di testo. Abbiamo scelto così un’opera particolarmente adatta a questo tipo di impostazione: “Strutturazione pulsante” di Gianni Colombo, ideata nel 1959. L’opera di grandi dimensioni, oltre cinque metri di larghezza per quasi tre di altezza, è collocata in una sala apposita del museo, oscurabile. Infatti una dosata illuminazione di taglio a led, lascia intravedere il movimento, anima dell’opera, diffuso su tutta la superficie di mattoncini di polistirolo. Gli studenti, dopo il primo impatto emotivo, si chiedono come faccia a funzionare e iniziano così a studiare l’opera in tutti i suoi dettagli, fronte e retro. Sulla memoria delle loro osservazioni dirette cercano di restituire le loro riflessioni e conclusioni, in un primo momento, attraverso il disegno. A loro disposizione è stato predisposto uno spazio laboratoriale con attrezzeria e ferramenta varia. Come prima operazione hanno realizzato un telaio/cornice di piccole dimensioni con legno e chiodi. Da fogli di cartone hanno ottenuto pezzi ricalcando gli elementi di ferramenta e collegandoli con fermacampioni. Progettando, ordinando, modellando, orientando, correggendo, ottengono un dispositivo, ovvero un sistema di ingranaggi, atto a creare movimento. A questo punto iniziano la fase finale del percorso. Tutti gli elementi in cartone vengono sostituiti dagli elementi di ferramenta e inseriti nel piccolo telaio. Il movimento viene provocato manualmente
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