Zigaina Giuseppe
1956Olio su tela60 x 80 cm
Nella Lettera di un pittore ai contadini del Cormor, pubblicata nel gennaio del 1951 in "Rinascita", Zigaina scrive: "La bicicletta, io so quello che è per voi, perchè il sabato, fino a non molti anni fa, pulivo anch'io quella di mio padre; come fanno i vostri figli, oggi, zufolando sotto i portici. Con la bicicletta voi andate a lavorare nelle paludi, andate a prendere il pane, a chiamare il medico; la domenica i giovani portano la fidanzata a ballare. Per questo vi fracassano le biciclette: perchè sono parte di voi, perchè hanno salvato nella fuga le staffette partigiane, perchè il Primo Maggio le bianche strade della Bassa diventano rosse di bandiere tese al vento". Intorno al 1956 il realismo di Zigaina abbandona l'afflato epico dei primi anni Cinquanta, pur concentrandosi sugli stessi temi. Negli anni successivi biciclette e operai lasceranno il posto alle ceppaie, soggetto principe di una trascrizione della natura più interiorizzata, riassunta in intrichi e grumi vegetali che daranno, dei ricchi impasti informali, una versione a cavallo tra il naturalistico e il visionario. Già in questa tela i colori si fanno più acidi, fondendosi con bagliori notturni resi con pennellate liquide, a tratti graficamente corsive. Le biciclette, tracciate rapidamente con l'ausilio di bianchi argentei e luminosi o di un'esile gabbia di segni neri, si moltiplicano, dando vita a un gioco di alternanza tra positivo e negativo. Le figure degli operai sono sommariamente definite da poche pennellate che, più che dipingere, sagomano il buio dello sfondo. Un bianco liquidissimo scivola sul muro del capannone imperlando il prato di umidità, mentre i bagliori rossastri del tramonto accendono il cielo bituminoso e ricompaiono in piccoli tocchi dietro le grate della finestra e sulle tegole del tetto. Nel numero 1 della nuova serie di "Realismo", del gennaio-febbraio 1955, Dario Micacchi scrive, in Colore e racconto nelle ultime tele di Zigaina: "Chi ricorda il torvo e crudo brillare di verdi, degli azzurri e dei violetti, il giro incisivo e secco del disegno che delimitava le sue massicce e tragiche figure, il sordo e livido girar delle luci attorno algli oggetti, la frafia insisnte e larga del vigroroso disegno lineare, resterà forse stupito e anche un poco abbagliato dall'attuale assai vario splendore del colore e affascinato anche dalla nuova dolcezza del disegno, da una generale e diffusa familiarità con gli oggetti, da una più viva cordialità".Bibliografia: Retrospettiva dei venti anni del "Premio Suzzara" 1948-1968, 1968, p.n.n.; Centododici opere del Premio Suzzara, 1975, p.n.n.; Opere, 1984, p. 251; Opere del Premio Suzzara 1954-1957, 1996, pp. 12, 37; Villani, 1998, p. 108.
Galleria del Premio Suzzara - Via Don Bosco 2/a - 46029 Suzzara - Mantova - tel. 0376 513513 | Facebook