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  • “correva l’anno 1968. e quell’anno lo correvo anch’io dietro al movimento del “contro. contro tutto e tutti. anche se nel ‘68 io fossi già vecchio (non credo di essere mai stato giovane).”
     Così inizia un articolo di Delfino Maria Rosso per il “Corriere di Tunisi”, mensile di lingua italiana pubblicato in Tunisia dal 1956.
    Mino Rosso, nome con cui è più conosciuto, è nato a Torino, scrive, “il 18 di un anno qualsiasi”, dove vivo e lavoro “come giornalista, anche. tutto qui. non amo raccontarmi più di tanto.”Quell’ “anche” allude forse al fatto che prima di tutto Mino è un artista, così io l’ho conosciuto, un poeta visivo, attivo dagli anni settanta su riviste d’arte d’avanguardia, in mostre, e autore di numerose pubblicazioni (per saperne di più lui stesso consiglia di seguire i link dal suo sito).
    L’articolo ci interessa perché coinvolge direttamente il nostro Museo. Partendo dagli ideali sessantottini come “tutto è arte” e “niente è arte”, “la fantasia al potere”, “il diritto per tutti ad esprimere la propria creatività”, Mino Rosso si dichiara disposto a condividere “il credere ad alcuni valori che oggi pare non vadano più di moda avendo fatto del denaro l’unico dio” ma favorevole ad un mercato con delle regole sensate.
    Nella ricerca di questi compagni di viaggio la casualità gli ha fatto incontrare la Galleria del Premio Suzzara.
    Partecipò infatti nel 2016 a NoPlace3, nome del 49°Premio Suzzara. Vero e proprio esperimento sociale basato su una formula rizomatica: oltre cinquecento artisti sul principio della fiducia e responsabilità, si sono radunati, per una giornata, a Suzzara e hanno invaso il Museo e la città, ospitati da cittadini e associazioni. In questo gioco Mino Rosso scrive di aver “incontrato di nuovo l’arte dal basso.
    Nel 1948 una tra le finalità del nascente Premio Suzzara, scrive l’inventore Dino Villani fu: “ottenere una singolare manifestazione d’arte al di fuori delle stereotipate formule che difficilmente riuscivano ad interessare il pubblico modesto il quale sentiva l’arte come qualcosa di indirizzato ad una limitata categoria di fruitori”.
    Da qui Mino Rosso scopre tanti elementi della nostra storia artistica: la logica dei premi basati sullo scambio simbolico tra prodotti dell’ingegno e prodotti del lavoro, la formazione della Giuria che a fianco di illustri critici d’arte voleva un operaio, un impiegato e un contadino, il tema “Lavoro e lavoratori nell’arte” per una zona caratterizzata da un processo di industrializzazione avviatosi dopo la prima metà dell’Ottocento.
    E poi il costante dibattito sull’arte come impegno, sui linguaggi della contemporaneità, il neocubismo, l’“arte per il popolo”, il populismo. Un Premio dunque che nasce “contro” e che richiama tanti aspetti del’68 evidenziati da Mino Rosso.
    Fu proprio nel settembre del’68, in occasione della XXI edizione del Premio Suzzara, che la “contestazione” si manifestò alla cerimonia di inaugurazione.
    Dalla cronaca riportata dalla Gazzetta di Mantova risulta che l’elemento principale di polemica fosse individuato nella meritocrazia. Un cartello riportava la scritta. “L’arte non ha bisogno di premi, autorità e sottosegretari”.
    Luciano Budigna poeta e critico d’arte, membro della Giuria, dal palco giudicherà utili le polemiche e sottolineerà quanto importante sia la discussione affinché “il Premio conservi e migliori la propria funzione di Premio di contestazione di tutta quell’arte ufficiale che altro non è che rinuncia e rifiuto di tutto quello che del nuovo è vivo reale e concreto.” Nella presentazione in catalogo il professor Sergio Panizza, membro della giuria, già Presidente del Premio dal 1962 al 1967, ribadisce quanto sia importante per il Premio Suzzara interpretare “le certezze e i dubbi” del mondo presente “offrendo le sue proposte radicate in una visione umanistica che ponga ancora l’uomo all’origine e al termine della storia”. Sottolinea quanto la linea del Premio sia peculiare, “al d fuori e al di sopra di ogni conventicola o gruppo di interessi, garantendo il più ampio margine possibile alla nostra autonomia. In questo senso il Premio Suzzara può essere considerato non un premio da contestare ma il Premio della contestazione.”
    Conclude richiamando la necessità di una messa in discussione della struttura del Premio convinto del ruolo importante che può svolgere nella cultura italiana “anzitutto come esempio di libertà”. Nello stesso periodo sul Giorno appare un articolo di Renzo Dall’Ara col titolo “Un miliardo di quadri non trova casa. Il Premio Suzzara ha accumulato 411 opere d’arte. Sono sparse in cento luoghi diversi e mancano i soldi per una sistemazione unitaria.” La risposta ci sarà nel 1979 con l’inaugurazione della nuova sede della Galleria Civica d’Arte Contemporanea. Un’altra storia inizia.
    Richiami, affinità, parallelismi: 1948,1968,2018.
    Mino Rosso ha richiamato questa storia che in parte ha deciso di condividere con noi, attraverso la donazione di alcuni lavori già proposti negli anni ’70. Sono tre pezzi, tre tele in cotone 30X20. Il primo dal titolo “Concetto spaziale: mare”; il secondo: “Senza titolo”; il terzo: “Multiplo unico.” I lavori di Mino Rosso portano, scrive lui stesso, “in primo piano il pensiero e il concetto rispetto all’impatto visivo ed emotivo dell’opera d’arte” e rivelano lo spirito cocciuto col quale ribadisce la propria fedeltà a principi irrinunciabili, tra questi l’autoironia. Grazie a donazioni di questo tipo la collezione si arricchisce fornendo ulteriori strumenti per rileggere la propria “tradizione”.
    Un museo serve a questo.  

    Marco Panizza